Come scrivere una sceneggiatura? Negli ultimi mesi ho studiato da alcuni dei più grandi esperti del settore e ho analizzato decine di script.
In questa guida riassumo i principi cinematografici che devi assolutamente conoscere e vediamo insieme quali sono le 4 fasi per passare da un’idea a un film.
Personalmente penso ci sia un motore nascosto dietro tutto ciò che di buono ha fatto, fa e farà l’umanità.
Sceneggiatori e scienziati appartengono a una razza simile: gli affascinati dal mistero.
Il mistero è la miccia che scatena un buon film, una scoperta scientifica o anche un’esplorazione intergalattica.
Aristotele diceva che il fine dell’uomo è la conoscenza. E cos’è la conoscenza, se non la paziente attività che colma il divario tra realtà e mistero?
L’innata voglia di ricucire questo strappo, cioè la curiosità, è ciò che più accomuna chi racconta storie e chi studia la materia.
La differenza? Lo scienziato ha un metodo per passare dal mistero alla conoscenza, incanalando la sua curiosità in maniera produttiva. Lo chiamiamo “metodo scientifico”.
Al contrario, specialmente all’inizio, lo sceneggiatore non ha alcun metodo e per questo tanti film potenzialmente belli rimangono a prendere polvere nei cassetti.
Quello che stai per acquisire è proprio un metodo creativo per scrivere sceneggiature.
Se finora la tua voglia di fare un film è rimasta tale, ti posso assicurare che è proprio ciò che ti manca.
È composto essenzialmente da 4 fasi:
- Soggetto
- Scaletta
- Trattamento
- Stesura della sceneggiatura.
ALT! Prima di arrivare a scrivere una sceneggiatura devi conoscere ciò che molti altri ignorano: i principi dell’arte cinematografica.
Seguimi.
I 4 elementi chimici di un film per sviluppare una storia straordinaria
Il 97% degli aspiranti sceneggiatori ignora completamente come funziona una storia.
La maggior parte fallisce proprio perché non sa quali sono i pezzi fondamentali da mettere insieme quando si vuole scrivere una sceneggiatura.
Ecco perché a un certo punto non sanno più andare avanti.
Devi sapere che un film, così come un romanzo, è paragonabile in tutto e per tutto a qualsiasi altra entità organica.
Così come il tronco di un albero è il risultato dalla relazione tra diversi composti chimici, un film prende vita dalla combinazione tra alcuni elementi ricorrenti.
Possiamo dire che è un organismo vivente composto da 4 organi:
- Struttura narrativa
- Atto
- Sequenza
- Scena.
Non esiste film senza questi 4 organi e non puoi scrivere una sceneggiatura se non li conosci.
Sarebbe come pensare di iniziare a fare degli esperimenti scientifici senza sapere cosa sia la tavola periodica.
Perciò, prima di passare alla parte più pratica, vediamo esattamente di cosa stiamo parlando e che funzione hanno.
La struttura narrativa
Cos’è un film?
Non so se te lo sei mai chiesto, ma un film è un «crescendo» – un concetto musicale che la Treccani definisce così:
Il crescendo ha l’inconfondibile caratteristica di cominciare con un suono sottile, quasi sussurrato, che, come lascia immaginare il nome, si ingrossa fino a un’esplosione finale e il conseguente rilassamento.
Ecco, il film è qualcosa di molto simile: inizia piano, poi capita qualcosa e scatta una scintilla che divampa in incendio e, molto lentamente, si spegne.
Portiamo la metafora sul pratico.
Come si gestisce questo complesso sistema armonico? La risposta sta nella struttura narrativa.
La struttura è la disposizione degli eventi da raccontare secondo una logica, che di solito risponde a questo criterio: il meglio per ultimo.
Già nella Poetica di Aristotele si descrivevano le strutture dei racconti.
In particolare quella che poi è diventata la classica struttura a tre atti: impostazione (primo atto), conflitto (secondo atto) e risoluzione (terzo atto).
Non è detto che per scrivere una sceneggiatura si debba ricalcare con precisione questi passaggi. Anzi, a dirla tutta, non dovresti: l’originalità sta nell’evadere la convenzione.
Tuttavia prendiamo questa struttura narrativa basica per costruire il resto del nostro discorso.
Continuiamo a scavare e andiamo più in profondità, analizzando i singoli elementi della struttura a tre atti e i principi che li regolano:
- Atto
- Sequenza
- Scena.
L’atto
L’atto è l’organo maggiore che dà vita all’organismo-film.
Un atto corrisponde a più sequenze di scene che, di solito, culminano con una scena saliente in cui succede qualcosa di significativo per la storia.
Robert McKee, insegnante di alcuni dei più famosi sceneggiatori di Hollywood, parla a questo proposito dell’inversione di valori che si verifica o si dovrebbe verificare alla fine di ogni atto.
Mettiamola così: un film può avere un grande tema centrale, poniamo la libertà, che ha diverse sue negazioni.
Qual è la negazione della libertà? Magari la prigionia o, estremizzando, la schiavitù.
Ora, ciò che potrebbe accadere è questo: all’inizio del film il protagonista è libero, poi a un certo punto viene catturato e quindi venduto come schiavo, finché si libera di nuovo.
Ogni inversione radicale di valori (da libertà a prigionia, da prigionia a schiavitù, da schiavitù a libertà) corrisponde a un atto.
Ancora più precisamente la divisione sarebbe questa:
- Primo atto: conosciamo il protagonista, lo vediamo nella sua vita quotidiana, da persona libera, finché (climax) capita qualcosa che lo rende prigioniero (incidente scatenante)
- Secondo atto: il protagonista, nella nuova situazione che si è venuta a creare, affronta prove e ostacoli, finché le cose precipitano e diventa schiavo.
- Terzo atto: alla fine il protagonista ha una grande occasione (climax) e in qualche modo riesce a tornare libero (risoluzione).
Il saliscendi da valore positivo a negativo, più-negativo e ancora positivo è ciò che dà il ritmo della narrazione.
Vuoi scrivere una sceneggiatura da Oscar? Inizia a pensare al tuo film secondo queste coordinate:
- Qual è il tema principale di cui vuoi raccontare?
- Quali sono le negazioni di questo tema?
- Come vuoi far concludere la tua storia?
- Quanti e quali ostacoli separano il protagonista dalla conclusione?
- Che incidente scatenante dà il via alla narrazione?
La sequenza
Continuando a scendere nel particolare, possiamo dire che un film è il risultato di tante sequenze, che si sommano in tre atti.
Una sequenza è una serie di scene – generalmente da due a cinque – che culmina con un impatto maggiore di quello di qualsiasi scena precedente.
All’inizio di una sequenza sappiamo alcune cose, che gradualmente cambiano e diventano qualcos’altro alla fine.
Potremmo vedere inizialmente il protagonista in una festa di cui è l’anima, poi a un certo punto riceve un messaggio che lo rende malinconico. Qualche scena dopo scopriamo che gliel’ha inviato la sua ex ragazza.
Nella sequenza successiva incontra la donna, arrivando all’appuntamento con determinate aspettative, che vengono ribaltate, ribaltando nuovamente le carte in gioco.
Anche la sequenza – come si può intuire – ha una sua struttura, fatta da:
- incidente scatenante
- climax
- risoluzione.
In altre parole, una sequenza narrativa inizia quando capita qualcosa che personaggi e pubblico percepiscono come un evento che modifica la realtà e finisce quando si chiude il problema aperto da questo evento.
Le scene
Siamo arrivati all’elemento più piccolo – e decisivo – della struttura narrativa.
La scena riproduce eventi significativi, che hanno piccoli impatti sullo sviluppo della storia. Questi piccoli impatti, sommati, modificano i valori del film.
Cos’è un evento significativo?
Un evento che produce un cambiamento, anche minimo.
Un film, così come qualunque altra storia, è proprio un’attenta selezione di eventi significativi.
Il primo impegno creativo che ti devi porre quando inizi a scrivere una sceneggiatura è proprio questo: scegliere gli eventi da raccontare secondo la tua sensibilità.
La selezione degli eventi da raccontare influenza le emozioni che il pubblico proverà e le idee che si farà su ciò che diciamo.
Fai bene attenzione, si tende a credere che effetti speciali, dialoghi strappalacrime o altri trucchetti da quattro soldi possano emozionare.
Non è così. Deve essere ciò che racconti a generare emozione nel pubblico.
(Può sembrarti banale o scontato, ma non lo è affatto)
Ci torneremo più avanti, quando parleremo della forza invisibile che ci tiene davvero incollati allo schermo.
Cosa guida la selezione degli eventi? Come si decide cosa raccontare e cosa no?
Questa è una bella domanda.
Personalmente penso che ogni narratore debba trovare la sua inquadratura della realtà. Dovrebbe avere una bussola che lo guida.
Un esempio?
“Voglio raccontare la periferia italiana”.
Sapendo questo, potrai decidere di raccontare tutti quegli eventi e tutte quelle storie che ti aiutano a raggiungere il tuo obiettivo finale.
Adesso abbiamo per le mani il cuore pulsante della storia. Andiamo ad aggiungere un altro ingrediente fondamentale.
Come creare personaggi memorabili: 3 consigli per aspiranti sceneggiatori
Te lo dico subito.
La struttura narrativa senza personaggi memorabili è incompleta. Sono i personaggi a fare il film e a determinare il suo successo, ovvero la sua capacità di emozionare.
Ovviamente non esiste una ricetta precisa per creare personaggi memorabili.
Tieni a mente però che un personaggio è nient’altro che la riproduzione di una persona verso cui il pubblico possa provare empatia e da cui possa trarre lezioni.
Chi guarda il film si deve identificare in chi vede sullo schermo.
In fin dei conti andiamo al cinema tanto per passare qualche ora spensierata quanto per capire qualcosa in più su di noi e immaginarci in situazioni diverse da quelle che viviamo.
Ecco perché vuole scrivere una sceneggiatura non può ignorare i principi che stanno dietro la costruzione di personaggi empatici:
- Caratterizzazione
- Personaggio archetipico
- Arco del personaggio.
Sono il cuore pulsante di ogni storia che si rispetti. Andiamo a vedere di che si tratta.
La caratterizzazione
Quando incontri un’altra persona ci sono diversi tratti della sua personalità e identità che puoi arrivare a conoscere:
- età
- quoziente intellettivo
- sesso
- istruzione
- tratti della personalità
- valori
- atteggiamenti
- paure e ossessioni
- obiettivi.
Tutti questi elementi, trasposti in un personaggio cinematografico, formano la sua caratterizzazione.
Il principio da seguire è quello di imitare quanto più possibile la vita reale.
Difficilmente una persona al primo incontro ti racconterà tutto su di sé e, allo stesso tempo, è abbastanza improbabile che tu riesca a cogliere tutte le sfumature della sua personalità.
Ecco perché ci sembra irrealistico quando, in un film, ci viene detto tutto di un personaggio appena compare sullo schermo.
Al contrario la caratterizzazione dovrebbe approfondirsi man mano che la storia prosegue.
Allo stesso tempo lo sviluppo della storia dovrebbe rivelare il personaggio archetipico.
Il personaggio archetipico
Quando parlo di personaggio archetipico intendo il personaggio profondo, cioè che riflette alcune qualità universali.
Quello di “archetipo” è un concetto fondamentale nella psicologia analitica.
Facciamola semplice, l’archetipo è un insieme di caratteristiche personali che ricorrono spesso in certi tipi di personalità.
Il tuo personaggio dovrebbe avere una personalità profonda – stiamo per vedere in che senso – e lasciarti guidare dagli archetipi può essere una buona soluzione per riuscirci.
Jung, il padre della psicologia analitica, ne identificava 12 fondamentali:
- Il saggio
- L’innocente
- L’esploratore
- Il governante
- Il creatore
- Il custode
- Il mago
- L’eroe
- Il fuorilegge
- L’amante
- Il buffone
- L’orfano
Puoi approfondire la teoria degli archetipi leggendo questo articolo, per una infarinatura, o questo libro di Jung per studiarli con cura.
Intanto, però, lascia che ti faccia qualche esempio cinematografico.
- Vito Corleone (Il Padrino) è un buon esempio di archetipo del Governante, cioè una persona potente, autorevole, che detta regole e le fa eseguire.
- Indiana Jones è l’Esploratore, una persona incline all’avventura, che va alla ricerca di nuove esperienze e, ancora di più, cerca così di capire qualcosa in più su di sé.
Così come per gli elementi della caratterizzazione, anche la qualità archetipiche si dimostrano lungo la storia.
A dirla tutta, dall’interazione tra caratterizzazione e archetipo nascono i momenti che tengono le persone incollate allo schermo.
Che intendo? Seguimi e parliamo di un concetto fondamentale: l’arco del personaggio.
L’arco del personaggio
L’arco del personaggio consiste nelle trasformazioni che esso subisce lungo la storia.
Se siamo stati bravi a creare il personaggio, il pubblico si riconoscerà in lui e desidererà più di ogni altra cosa vederlo cambiare e avere successo.
Il motivo? Noi esseri umani siamo fondamentalmente egoisti.
Sentiamo partecipazione nella storia di un’altra persona solo se in essa riflettiamo parte dei nostri obiettivi, desideri, paure, ossessioni, nevrosi o tratti della personalità.
A quel punto vogliamo che il personaggio ce la faccia perché è come se ce la facessimo con lui. Allora la sua evoluzione accenderà la nostra curiosità, che però va tenuta costantemente alta.
Come?
Attraverso delle rivelazioni.
Tutti noi sappiamo che nella vita nulla è mai come appare. Così deve essere anche nei film.
La rivelazione sta nel divario tra come ci aspettiamo che il personaggio si comporti e come si comporta effettivamente.
L’aspettativa è creata dalla caratterizzazione, mentre spesso il comportamento effettivo è guidato dall’archetipo e dai valori profondi del personaggio.
Ti faccio un esempio.
Il personaggio X potrebbe essere uno scaltro terrorista (caratterizzazione), ma anche un inguaribile romantico (qualità profonda).
Non ci aspetteremmo mai da lui un gesto romantico, perciò quando invece lo farà ci sarà una rivelazione e un momento che riattiva la curiosità e l’attenzione del pubblico.
Insomma, la “formula” è questa:
Il personaggio X è [elemento della caratterizzazione], ma [qualità profonda imprevista].
La profondità del personaggio e, quindi, la sua capacità di risultare umano nonché interessante è determinata in buona parte dalle rivelazioni che induce lungo la narrazione.
Attenzione, questo non significa che devi creare personaggi irrealistici e disseminare il film di colpi di scena.
Uno spettatore ti concederà il suo tempo e la sua attenzione, due dei beni più scarsi nella sua vita, a patto che rispetterai il patto di sospensione dell’incredulità.
Troppe coincidenze o troppe rivelazioni lo romperanno e faranno sì che chi sta guardando perda interesse.
Come si scrive un film: le 3 fasi che precedono la sceneggiatura
Tutto ciò di cui abbiamo parlato finora può benissimo avvenire nella tua testa, a tavola con gli amici oppure attraverso appunti sparsi.
Ora è arrivato il momento di mettere il tuo film su carta.
Scrivere una sceneggiatura è nient’altro che questo.
È l’ultima fase della vita su carta di un film, che – come stai vedendo – è in realtà un processo di continua e graduale espansione.
Potresti essere tentato di buttarti direttamente a scrivere lo script, ma quasi al 100% sarebbe un fallimento annunciato.
Hai una grande quantità di nemici che giocano a tuo sfavore e li puoi battere solo se prima c’è stato un lavoro di riflessione.
Funziona più o meno così:
Inizi dallo scrivere un soggetto, poi passi alla scaletta, quindi al trattamento e infine – solo infine – allo scrivere una sceneggiatura vera e propria.
Semplice, no? Circa. Ma non perdiamoci in chiacchiere ed entriamo subito nel vivo della faccenda.
Il soggetto
Tutto ciò che sta dietro un film può partire da una frase: gli americani la chiamano logline.
La logline è la storia ridotta all’osso.
Puoi avere in mente di scrivere la sceneggiatura di un colossal oppure di un film molto più minimalista, ma c’è una costante che non cambia.
Una storia è la narrazione del conflitto che separa un personaggio dal soddisfare un bisogno o un desiderio, nato dopo un certo evento.
La logline dovrebbe sintetizzare in poche parole questo conflitto. Ecco alcuni esempi:
- Il vecchio patriarca di una famiglia malavitosa trasferisce il controllo del suo impero al figlio riluttante (Il Padrino)
- La diagnosi di una malattia terminale spinge un padre di famiglia verso la produzione di droghe sintetiche e tutto il mondo che vi gira intorno (Breaking Bad)
- Ci sono 3,7 miliardi di pesci nel mare. I protagonisti ne stanno cercando uno (Alla ricerca di Nemo).
Vedi? Questa breve frase deve contenere l’anima del film, creare curiosità in chi deciderà le sorti della tua opera e guidarti lungo il viaggio della scrittura.
Sarà il faro che ti guiderà.
Una volta che hai una logline soddisfacente puoi passare alla stesura del soggetto cinematografico.
Fondamentalmente il soggetto serve ad abbozzare l’ordine delle scene. Tieni a mente la struttura in tre atti e includi:
- incidente scatenante
- climax
- prove e ostacoli.
In questo momento non serve scrivere dialoghi: limitati a indicare le azioni dei personaggi.
Tranquillo, daremo loro la parola più in là, quando sarà naturale e semplice.
La scaletta
Ti ho detto che scrivere una sceneggiatura è, in sostanza, un lavoro di espansione. Ecco, la scaletta è il primo passo di quest’espansione: è l’ampliamento del soggetto.
Dovresti ideare tra le 40 e 60 scene per un film della durata media di un’ora e mezza o due. Ogni scena dovrebbe essere riassunta in 1 o 2 frasi.
Puoi attrezzarti con una lavagna e un blocchetto di post-it:
- Trasforma le azioni dei personaggi che hai già ideato in, rispettivamente, una o più scene
- Descrivi in modo semplice cosa accade in ogni scena e qual è il suo punto di svolta
- Indica sulla parte posteriore del post-it qual è la funzione di quella scena (incidente scatenante, climax dell’atto…).
Alla fine disponi i diversi post-it sulla lavagna e avrai per la prima volta davanti agli occhi lo scheletro del tuo film.
Il trattamento
Il trattamento cinematografico consiste nel trasformare le brevi descrizioni delle scene in un racconto più dettagliato di ciò che accade, momento per momento.
La frase o le due frasi della scaletta qui diventano un breve paragrafo dove l’azione o le azioni vengono descritte in maggior dettaglio.
Tendenzialmente a una scaletta da 40-60 scene dovrebbe corrispondere un trattamento da 70-90 pagine.
(A questo stadio del lavoro non è ancora il momento di scrivere i dialoghi)
Dovresti cercare il non-detto, ovvero il sottotesto.
Riflettici, molto spesso quando parliamo con qualcuno non diciamo direttamente ciò che vorremo, lo lasciamo intendere.
Durante il trattamento costruisci la rete di veri pensieri e veri emozioni che sta sotto le parole che verranno pronunciate dagli attori.
Bene, ci siamo. Ora possiamo passare all’ultima fase del lavoro necessario per scrivere una sceneggiatura.
Ci sei? Che si aprano i quaderni (o i fogli Word)!
Come scrivere una sceneggiatura professionale: tutto quello che ti serve per iniziare
Quello che stiamo per vedere è come trasportare su carta tutto il processo creativo di cui abbiamo parlato finora e finalmente scrivere una sceneggiatura.
Anche se non te ne sei accorto, a questo punto il tuo cervello ci avrà lavorato un bel po’.
In effetti, a questo punto, dovresti avere:
- l’idea fondamentale del film (il soggetto)
- gli eventi significativi e la loro successione (la scaletta)
- un racconto di partenza da ampliare (il trattamento).
Non ti resta che metterti all’opera.
Ci sono alcuni accorgimenti più tecnici da seguire per realizzare una sceneggiatura professionale, ma ti consiglio di iniziare diversamente.
Dai libero sfogo all’emisfero destro, ovvero quella parte del cervello protagonista del processo creativo.
Quello che più funziona per me è la scrittura libera (una tecnica di scrittura creativa).
Non importa se usi un foglio bianco, un documento Word o il muro di camera tua. Prendi la penna e segui queste 3 semplici non-regole:
- Scrivi velocemente
- Non pensare troppo a ciò che scrivi
- Non modificare nulla.
Poniti un “semplice” obiettivo: concludere una prima stesura dell’intera storia.
Questa fase non dovrebbe durare più di qualche giorno. Alla fine avrai la chiara sensazione di avere il tuo film sotto mano.
Successivamente, una volta che avrai una bozza su cui lavorare, potrai aggiungere, togliere o modificare.
Sarà questo il momento per seguire le indicazioni tecniche di cui stiamo per parlare.
Ah, non ti servono particolari programmi o app per scrivere sceneggiature. Personalmente uso quasi sempre Google Docs, visto che è in cloud e ti permette di tornare al lavoro quando vuoi e da dove vuoi.
Andrà comunque più che bene qualunque software di videoscrittura (Microsoft Word, Pages, Libre Office, Open Office).
Ora, ci ho pensato a lungo e sono arrivato alla conclusione che darti un decalogo di presunte regole da seguire sarebbe estremamente noioso e poco utile.
Metteremo subito le mani in pasta.
Sei pronto? Andiamo ad analizzare lo script di Pulp Fiction, da cui tireremo fuori una serie di principi di forma.
La prima pagina ci insegna già diverse cose.
È una pagina estremamente semplice, ma allo stesso tempo fondamentale.
Ciò che non può mancare sono il titolo della sceneggiatura e il nome dello sceneggiatore – o, come in questo caso, i nomi.
Allo stesso tempo, se stai cercando di vendere la tua opera, non puoi dimenticare di dare qualche tuo contatto.
A fine pagina, sulla destra, indica:
- Nome
- Indirizzo
- Città, provincia e CAP
- Numero di telefono
- E-mail e altri recapiti utili.
Detto questo, c’è un ultimo dettaglio a cui dovresti far caso: il carattere.
A dirla tutto, non è un elemento secondario. Il Courier a 12px è lo standard per le sceneggiature.
(Di solito lo trovi già installato sul tuo computer)
Il motivo è molto semplice: usarlo ci permette di avere lo stesso numero di battute per ogni riga. È importante perché solo così possiamo essere abbastanza sicuri che ogni pagina corrisponda a 1 minuto di girato.
Questa è una convenzione diffusa nel mondo del cinema.
Ecco perché, visto che un film in media dura tra i 90 e i 120 minuti, dovresti scrivere una sceneggiatura tra le 90 e 120 pagine.
Ogni singola pagina, come puoi immaginare, sarà scritta in Courier e sarà composta da una serie di blocchi ricorrenti:
Titolo di scena
Il titolo di scena comunica 3 informazioni:
- Dove si svolge la scena: interno o esterno (si indicano con INT. o EXT.)
- Qual è l’ambiente in cui si svolge
- Quali sono le condizioni dell’illuminazione (per semplicità, giorno o notte).
Ecco che allora possiamo avere diverse combinazioni. Per esempio:
- INT. CAFFETTERIA – GIORNO
- EXT. VILLA COMUNALE – SERA
Ogni volta che una di queste 3 variabili cambia, avremo una nuova scena.
La descrizione
Per ogni scena, devi descrivere l’azione, cioè spiegare cosa succede.
Attenzione, le descrizioni sono una delle cose più insidiose da scrivere. A differenza di un romanziere, uno sceneggiatore può parlare solo di ciò che vede.
Ciò vuol dire prima di tutto che userà sempre e solo il presente, anche se, per esempio, sta raccontando un flashback. Allo stesso tempo dovrà essere bravo a rendere concreto l’astratto.
Ti faccio un esempio molto veloce.
Un romanziere potrebbe scrivere qualcosa come:
“Mario è visibilmente nervoso. Ci ripensa e i rimorsi per ciò che ha fatto non gli danno pace”.
Bene, cosa vedi? Un bel niente. In questa frase non c’è nulla che possa rendere visivamente il nervosismo di Mario.
Al contrario, lo sceneggiatore scriverebbe:
“Mario è al bar e spegne, stizzito, la decima sigaretta. Guarda fuori dalla finestra e non presta attenzione al cameriere che gli parla”.
Capisci la differenza?
Il romanziere può limitarsi a descrivere lo stato d’animo di Mario, mentre lo sceneggiatore deve farlo vedere.
Possiamo dire che quando devi scrivere una sceneggiatura hai bisogno di creare simboli per le emozioni dei personaggi, che dovresti aver già modellato durante il trattamento.
I dialoghi
A proposito, finora tutti i tuoi personaggi sono stati muti.
Durante l’ideazione del film, cioè dalla scrittura del soggetto alla stesura del trattamento, dovresti aver costruito la struttura dei dialoghi.
In altre parole, adesso hai un’idea di ciò che dovrebbero dire i vari personaggio e, soprattutto, di cosa provano davvero.
Scrivere un dialogo realistico sarà molto più semplice.
Le regole da seguire sono poche e semplici:
- I dialoghi vanno più o meno al centro della pagina (guarda l’esempio sopra). Per la precisione, il rientro a sinistra deve essere di 3,5 cm, mentre quello a destra di 4,5 cm.
- Il nome del personaggio va scritto sempre in maiuscolo, la sua battuta si trova subito sotto.
Conclusione
Tutto qui.
Questo è tutto quello che ti serve sapere per iniziare a mettere in pratica tutto ciò di cui abbiamo parlato finora.
Arrivati a questo punto, sai quali sono i principi per raccontare una storia, metterla su carta e farla diventare un film.
La cosa più importante, adesso, è iniziare a scrivere una sceneggiatura vera.
Quindi… vai a creare la tua prima bozza.
Buona scrittura,
Felice.
2 risposte
Una delle migliori lezioni che io abbia mai letto sul web.
Voglio dire, le stesse cose sono scritte anche altrove ma in modo un po’ confusionario e poco leggibile.
Complimenti davvero.
Una sola domanda riguardo i dialoghi (per il cinema): per un principiante assoluto, come e dove studiare per imparare a farli??
Grazie.
Grazie Samir! 🙏 Dai un’occhiata a Story di Robert McKee, ma poi più di ogni altra cosa ascolta e leggi quanti più dialoghi che puoi (dal vivo e al cinema!), non credo ci sia miglior scuola 🙂