Cosa c’entra il ritmo narrativo con la telecronaca di una partita di calcio? C’entra eccome.
Seguimi per un momento (non serve essere dei tifosi sfegatati, tranquillo). Telecronisti e scrittori hanno in comune due compiti fondamentali:
- devono raccontare
- hanno bisogno di mantenere l’attenzione di un pubblico.
Il ritmo è uno degli elementi principali per controllare l’attenzione di chi ci ascolta o ci legge. Una telecronaca piatta stufa presto, così come un romanzo o un racconto senza ritmo.
In un’altra vita ho fatto un corso di telecronista. Poi non ho mai fatto il telecronista, per fortuna, ma ho rubato qualche segreto del mestiere che torna utile anche a te. Sai come fanno i telecronisti a dare ritmo?
Alternano momenti di pausa ad altri in cui parlano, modulano il tono della voce, partono dal parlare quasi a bassa voce fino a gridare. Aggiungono aneddoti, statistiche e altri fatti interessanti al loro racconto.
Come può fare invece uno scrittore a creare il giusto ritmo narrativo? In questo articolo vedremo quelle che sono le tecniche principali per scrivere un racconto o un romanzo che non annoia mai.
Parleremo di come manipolare fabula e intreccio per rendere attraente la storia e di altri artifici letterari che devi conoscere.
Che cos’è il ritmo narrativo?
Non è facile definire cosa sia il ritmo, perché c’è, ma non si vede né si sente, come si sente il ritmo di una canzone.
È più semplice capire cos’è, allora, riportando alla mente la propria esperienza di lettore.
Hai presente quei romanzi che ti sembrano dei mattoni ma poi divori? E hai presente invece quei libri che proprio non scorrono e paiono infiniti?
Ecco, molto probabilmente nel primo caso il ritmo narrativo è giusto e movimentato, mentre nel secondo caso è piatto.
Altrettanto probabilmente il primo romanzo segue quello che credo sia il principio fondamentale per un buon ritmo: il principio dell’alternanza.
Ora, di solito diversi generi letterari comportano diversi ritmi narrativi:
- un romanzo d’avventura sarà ricco di colpi di scena e suspence
- un romanzo psicologico o filosofico, al contrario, abbonderà di digressioni, flashback e descrizioni
Il romanzo d’avventura avrà tendenzialmente un ritmo narrativo veloce, mentre il romanzo filosofico sarà caratterizzato da un ritmo narrativo lento.
Meglio ritmo narrativo veloce o lento?
Non c’è un meglio. Quando scrivi sei come un direttore d’orchestra, che deve sapientemente sapere quando accelerare e quando rallentare.
Tra poco vedremo esattamente come fare, ma intanto capiamoci.
Quello che fa un romanzo o un racconto che non annoia è proprio alternare momenti concitati ad altri più distesi.
Si può accelerare ovviamente per far procedere la narrazione, lo si può fare per aumentare la suspence, ma pure per omettere degli elementi e alimentare il mistero. Lo si può fare per tanti motivi, insomma, così come per tanti motivi si può rallentare.
Si può rallentare per descrivere un paesaggio, uno stato d’animo, una persona. E dunque si può rallentare per caratterizzare un personaggio, dare modo al lettore di conoscerlo. Si può anche rallentare per farlo rifiatare, il lettore, e prepararlo magari a un colpo di scena oppure al finale.
È l’alternanza di diversi ritmi narrativi a dare il ritmo generale.
Le tre tecniche narrative per creare e gestire il ritmo di un racconto
Dunque lo scrittore è un direttore d’orchestra, ma non ha una bacchetta e tutta l’orchestra sta, beh, nella sua mente. Allora come si fa ad accelerare rallentare accelerare di nuovo? Come si crea questo benedetto ritmo narrativo?
Ci sono quattro modi a cui ho pensato, che per me sono i più importanti per dare ritmo, e sono questi che seguono.
Dai ritmo con la struttura
La struttura narrativa è lo scheletro della tua storia. E dalla struttura dipende anche il ritmo della narrazione.
Per essere avvincente una storia deve essere mossa dal conflitto, che può essere tanto un conflitto interno quanto un conflitto esterno.
È attraverso il conflitto che anche la storia di un ragazzo e una ragazza che si devono sposare può diventare un capolavoro senza tempo come i Promessi sposi.
Il conflitto permette alla storia di andare avanti attraverso il superamento di difficoltà sempre maggiori, di colpi di scena e di cambiamenti che ci tengono incollati alle pagine.
Manipola il tempo
Se volessimo raccontare un’esistenza per intero, così com’è, potremmo davvero imbarcarci nell’avventura più noiosa di sempre. Tanto per noi che per un eventuale lettore.
Per fortuna, però, quando racconti sei tu a tenere le fila del tempo. Cosa significa? Significa che puoi decidere a cosa dare più spazio, cosa raccontare in qualche riga e addirittura cosa ignorare completamente.
Tempo della storia e tempo del racconto non devono per forza coincidere:
- il tempo della storia è la fabula, cioè la durata reale degli avvenimenti
- il tempo del racconto è l’intreccio, cioè la durata che quegli avvenimenti hanno su carta.
Gli esempi sono infiniti. L’Ulisse di James Joyce racconta ciò che capita a Leopold Bloom in ventiquattr’ore, ma va avanti per un migliaio di pagine. Il tempo del racconto, cioè, è estremamente dilatato.
Esistono però diversi rapporti tra tempo della storia (TS) e tempo del racconto (TR). Il narratologo francese Gérard Genette ne ha individuati cinque:
- Pausa (TS = 0): la storia si ferma, e dà spazio, per esempio, a una descrizione
- Rallentamento (TR > TS): a un evento viene dato molto più spazio nel racconto di quanto sia durato nella realtà
- Scena (TR = TS): quello che leggiamo dura tanto quanto dura nella realtà, e un esempio classico è un dialogo
- Sommario (TR < TS): una parte della storia, più o meno lunga, viene riassunta in poche righe
- Ellissi (TR = 0): una parte della storia, in questo caso, viene invece completamente soppressa
Alterna le sequenze
Per dare ritmo, dunque, un primo accorgimento è alternare pause a scene, rallentamenti a sommari ed ellissi.
L’altra alternanza a cui prestare attenzione è quella tra le sequenze. Cosa sono le sequenze? Sono le porzioni in cui possiamo dividere un testo.
E di solito vengono identificati quattro tipi di sequenza:
- narrativa
- descrittiva
- riflessiva
- dialogica
Durante una sequenza narrativa vengono esposti i fatti e il racconto va avanti. In una sequenza descrittiva o riflessiva, invece, il racconto si ferma e ci viene presentato un paesaggio, un personaggio o i suoi pensieri. La sequenza dialogica, come già dice il nome, è dominata dallo scambio di battute tra due persone.
Se prendessimo per esempio il primo capitolo dei Promessi sposi, vedremmo che:
- La storia si apre con una lunga sequenza descrittiva, che comincia col celebre incipit («Quel ramo del lago di Como…»)
- In una sequenza narrativo-dialogica ci viene raccontato l’incontro tra don Abbondio e i bravi, che di fatto dà l’avvio alla storia.
- Il narratore, con una sequenza riflessiva, ci fa calare nella società dell’epoca, dominata da violenza e prepotenze.
- Una nuova sequenza descrittiva ci dipinge meglio il personaggio di don Abbondio.
- La sequenza dialogica tra don Abbondio e la sua serva Perpetua chiude il capitolo.
Come dicevamo prima, una sequenza descrittiva rallenta il ritmo, in questo caso ci introduce con calma alla storia, mentre una sequenza narrativa lo vivacizza, e così via. Proprio da questo saliscendi nasce il ritmo complessivo.