Ogni storia ha un narratore, una focalizzazione e dei personaggi.
Della focalizzazione abbiamo già parlato in un’altra occasione, mentre oggi analizzeremo da vicino la figura del narratore.
Chi è il narratore? Cosa fa? Che cambia tra narratore interno ed esterno?
Stiamo per rispondere insieme a queste domande, e insieme studieremo anche 3 esempi famosi di narratore esterno e interno nella letteratura italiana che devi conoscere.
Io sono Felice Lanzaro, e su questo blog condivido tutte le tecniche narrative e tutto ciò che imparo per trasformare le tue idee in romanzi, film o serie televisive.
Se ci siamo, allora direi di partire subito con la prima e più importante domanda.
Che cos’è il narratore in letteratura?
O, meglio, chi è il narratore? Il narratore è la persona – immaginaria, fittizia, non in carne e ossa – che racconta la storia, dalla sua particolare prospettiva, dal suo punto di vista, e tra poco vedremo perché – e come – il suo punto di vista sia importante.
Il narratore può far parte della storia che racconta (narratore interno), così come può osservare e riferire i fatti da lontano (narratore esterno).
E dunque può parlare in prima persona, così come in terza persona.
Può sapere tutto della vicenda, come può ignorare tutto, e può vedere solo certe cose così come può guardare le vicende dall’alto. Può essere il protagonista o può essere un completo estraneo per i suoi personaggi.
Scegliere il narratore è una faccenda seria, ed è tra le prime scelte che chi vuole scrivere un racconto oppure scrivere un libro deve prendere.
Non è semplicemente una questione di usare un certo modo o un certo tempo verbale.
Questa scelta impatta più in profondità la tua storia, e ora vedremo come sbrogliare la matassa e farla giusta, questa scelta, o almeno ragionata.
Cosa cambia tra narratore interno e narratore esterno?
Quando vogliamo raccontare una storia ci dobbiamo scontrare con due problemi principali:
- possiamo potenzialmente raccontare tutto
- dobbiamo limitarci.
Dobbiamo limitarci a raccontare una storia in particolare, a mettere in scena alcuni personaggi, e soprattutto dobbiamo scegliere la voce e il punto di vista da cui raccontare questa particolare storia.
Non che questo sia un male, anzi, è proprio ciò che rende possibile scrivere romanzi, sceneggiature e racconti.
Eppure è tutt’altro che semplice. Come si sceglie il punto di vista giusto per la propria storia? Come si sceglie il narratore?
Non c’è una risposta valida per tutti, nessun vademecum, ma quello che possiamo fare è capire come funzionano i diversi modi di narrare.
Nelle prossime righe vedremo esattamente quali sono le differenze tra narratore interno e narratore esterno, e più avanti faremo anche alcuni esempi da cui potrai prendere ispirazione.
Facciamo però un passo alla volta. Iniziamo dal rispondere alla prima domanda: chi è il narratore interno?
Narratore interno
Se chi racconta è un personaggio della storia, come abbiamo detto poco fa, allora è un narratore interno.
E se è anche il protagonista della vicenda, ci troviamo di fronte a un narratore autodiegetico – lo è, per esempio, Dante nella Divina Commedia.
Ovviamente si può avere anche un narratore interno che però non è il protagonista, ma un personaggio minore – è il caso del dottor Watson in Le avventure di Sherlock Holmes.
Potremmo dire che, diversamente da Dante, il dottor Watson è qualcosa di simile a un testimone.
Di solito il narratore interno usa prevalentemente la prima persona e non sa cosa sta per succedere.
Ecco perché può essere un buon espediente per creare suspence, perché per il lettore sarà come stare al suo fianco mentre le cose succedono.
Ovviamente ci possono essere delle eccezioni. Prendi, per esempio, Adso de Melk in Il nome della rosa di Umberto Eco, il monaco che, pur essendo interno alla vicenda, la racconta molti anni dopo che è accaduta e dunque è onnisciente, perché sa come sono andati fatti.
Narratore esterno
Il narratore esterno, a differenza di quello interno, non è direttamente coinvolto nella storia alla storia e la racconta da osservatore.
Questo non vuol dire che non dirà mai la sua, anzi, potrebbe intervenire anche per commentare i fatti – ma anche no: può pure limitarsi a registrare.
Pur limitandosi a registrare, tuttavia, imprimerà comunque il suo particolare punto di vista, perché selezionerà certi eventi e non altri, dirà certe cose e non altre.
Insomma, cioè, devi comunque pensare bene a chi è questa persona che parla.
A proposito di punto di vista: potremmo pure dire che il narratore esterno ha uno sguardo dall’alto, prova a pensare a I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Cominciano proprio con un’inquadratura che pare stare in cielo e ci fa capire come il narratore tutto sappia e tutto possa.
Quello di Manzoni è un narratore onnisciente, ma non è nemmeno detto che debba sempre essere così.
Nick Carraway, che è il narratore in Il grande Gastby di Francis Scott Fitzgerald, non lo è. I fatti sono comunque raccontati in terza persona, e noi, col narratore, siamo spettatori della vicenda.
Il punto di vista del narratore: la focalizzazione
Hai mai scattato una fotografia? Non importa se con una vecchia macchina analogica o con uno smartphone.
Quando scatti una fotografia devi scegliere un’inquadratura. Includerai un soggetto, alcuni particolari dello sfondo, magari degli oggetti, e dovrai per forza di cose escludere tutto il resto.
La fotografia è un’arte della sottrazione. Attraverso pochi dettagli può restituire una sensazione, un momento, una vita intera.
E anche la narrazione lo è. Il narratore è già di per sé un modo per «scegliere l’inquadratura» della tua storia.
L’altro modo, invece, consiste nella focalizzazione, ovvero il punto di vista da cui puoi guardare ai fatti.
Come ho già raccontato nella lezione sulla focalizzazione, che ti invito poi a leggere se vorrai approfondire, possiamo avere tre casi:
- focalizzazione zero
- focalizzazione esterna
- focalizzazione interna
Cosa cambia? Vediamolo rapidamente insieme.
Focalizzazione zero
Quando la focalizzazione è zero il narratore è onnisciente.
Lo abbiamo detto poco fa. Il narratore onnisciente ha una sorta di sguardo dall’alto, può tutto e sa tutto sia della storia che dei personaggi.
Nei casi di focalizzazione zero, per esempio, è possibile che il narratore, benché esterno, acceda ai pensieri stessi dei suoi personaggi.
Focalizzazione esterna
Il narratore esterno può comunque raccontarci le cose da lontano, senza necessariamente sapere tutto.
Quando è così il suo è uno sguardo da fuori: è come se stesse guardando le vicende da dietro un vetro e le descrivere.
Non essendo onnisciente, tuttavia, non potrà più di tanto leggere la mente dei personaggi. Al contrario sarebbe innaturale che ci riferisse dei loro pensieri, poiché deve limitarsi a ciò che vede e sente.
Focalizzazione interna
Quando la focalizzazione è interna, infine, il punto di vista è limitato a quello di un singolo personaggio.
La storia è, in questo caso, raccontata da un personaggio-filtro, attraverso il quale conosciamo le vicende e anche gli effetti che hanno su di lui o comunque il suo particolare modo di analizzarle.
E, come vedremo tra poco parlando di alcuni dei narratori più famosi nella letteratura, questo può creare anche delle situazioni narrative molto intriganti.
3 esempi famosi di narratori nella letteratura italiana
Promessi sposi
Quello dei Promessi sposi è il classico esempio di narratore onnisciente, dunque che, benché esterno, conosce tutto ciò che accade nella storia, e sa anche tutto ciò che è accaduto. Sa tutto dei personaggi, il loro presente e il loro passato, e ne indaga la psicologia.
E, come dicevo poco sopra, ha uno sguardo dall’alto. L’incipit ne è un esempio:
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
È anche un narratore palese, cioè che interviene attivamente nella narrazione. Dice la sua, ironizza sulle vicende, aggiunge dettagli e aneddoti.
Divina Commedia
Anche la Divina Commedia, seppure in forma di poesia, è un racconto e, in quanto tale, ha un narratore, che è Dante stesso.
Se quello dei Promessi sposi è un esterno, qui ci troviamo di fronte chiaramente a un narratore interno.
Anche Dante, tuttavia, onnisciente, poiché ci racconta i fatti dopo averli vissuti, e, com’è facile intuire, pure Dante è un narratore palese.
Ci sono veri e propri appelli al lettore, cioè momenti in cui si rivolge direttamente a chi sta leggendo:
Pensa, lettor, se io mi sconfortai
nel suon de le parole maladette,
ché non credetti ritornarci mai.(Inf. VIII, 94-6)
Anche in altri momenti però ci racconta i suoi sentimenti e le sue emozioni, come nel famoso caso del canto di Paolo e Francesca:
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.(Inf. V, 139-41)
La coscienza di Zeno
Un altro narratore interno è Zeno Cosini, il narratore de La coscienza, uomo di mezza età che ripercorre la propria esistenza attraverso alcuni ricordi e frammenti.
Zeno è l’esempio di narratore inaffidabile. Gli appunti che leggiamo risalgono, nella finzione, al suo percorso di psicanalisi.
Dunque il narratore cerca di comprendere se stesso e le proprie azioni attraverso la riflessione.
Ciò che capita però è che spesso manipola i fatti, e ci restituisce così la sua versione, spacciandola per obiettiva.
È proprio lo psicanalista che l’ha seguito, il dottor S., ad avvisarci nella Prefazione:
Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi s’intende, sa dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica.
Di psico-analisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie.
Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch’io sono pronto di dividere con lui i lauti onorari che ricaverò da questa pubblicazione a patto egli riprenda la cura. Sembrava tanto curioso di se stesso! Se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento delle tante verità e bugie ch’egli ha qui accumulate!…
Conclusione
Con questi 3 esempi è arrivato alla fine il nostro viaggio alla scoperta della figura del narratore.
Nel caso in cui ti interessi la letteratura, i libri e la scrittura, ti lascio con alcuni consigli:
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Ci leggiamo presto,
Felice