Da che punto di vista stai raccontando la tua storia? La focalizzazione corrisponde a questo punto di vista, e diversi punti di vista provocano differenze nel racconto.
Negli anni Novanta il registra polacco Krzysztof Kieślowski girò la Triologia dei colori – Film blu, Film bianco e Film rosso – indipendenti l’uno dall’altro, ma con delle parti in comune.
In tutti e tre i film, in particolare, ritorna la scena di una donna anziana che non riesce a gettare l’immondizia.
In tutte e tre i film, dunque, si vede la stessa scena dal punto di vista dei tre diversi protagonista. La stessa scena, in ciascuno dei tre casi, assume rilevanza e significati differenti.
Una diversa focalizzazione e un diverso punto di vista cambia la direzione e il senso della storia.
Quando vuoi scrivere un libro o una sceneggiatura hai davanti a te tutta la realtà possibile.
Devi però decidere una singola storia da raccontare e con che sguardo farlo. Nessuno guardando lo stesso oggetto o la stessa situazione ne parlerà in modo perfettamente uguale.
In questo articolo vedremo proprio quali sono i modi possibili per raccontare una storia.
Io sono Felice Lanzaro, e su questo blog condivido tutte le tecniche narrative e tutto ciò che imparo per trasformare le tue idee in romanzi, film o serie televisive.
Nelle prossime righe vedremo quali sono i vari tipi di focalizzazione, in che modo riconoscerli e dunque come impiegarli anche per le proprie storie.
Chi racconta la storia? Il narratore interno ed esterno
Chi è che racconta una storia? L’autore? O forse il narratore? Partiamo da questa distinzione, che è importante per capire il resto del discorso.
L’autore è la persona che scrive il resto, mentre il narratore è la voce narrante, ovvero il personaggio che parla.
La prima scelta, quella più importante, spetta proprio all’autore.
Questa scelta consiste nel decidere se racconta in terza persona o, invece, scrivere in prima persona.
Non è solo una scelta grammaticale e di voci verbali, e, se vuoi provarlo sulla tua pelle, prova a fare un piccolo esercizio di scrittura creativa.
Prendi un racconto o un romanzo scritto in terza persona e trasformalo in prima. Scoprirai che bisognerà cambiare molto altro rispetto al solo trasformare gli «egli è» in «io sono».
Scegliere come raccontare la propria storia non è una scelta neutra, e adesso vedremo quali sono le differenze tra narratore interno ed esterno.
Narratore interno
Il narratore interno, tanto per iniziare, di solito parla in prima persona e ha a che fare in qualche modo coi fatti di cui si parla.
Dunque è un narratore omodiegetico, quando è parte della vicenda narrata, oppure autodiegetico, se chi racconta è il protagonista della storia.
Se ci troviamo davanti a un’autobiografia oppure un memoir, narratore interno e autore sembrano coincidere, ma in realtà non coincidono mai del tutto. Il narratore è pur sempre un personaggio fittizio.
Come vedremo meglio più avanti, il punto di vista del narratore interno è soggettivo, cioè ci presenta i fatti dalla sua prospettiva.
Narratore esterno
Il narratore esterno, invece, parla in terza persona e guarda i fatti da fuori.
Se il narratore interno è omodiegetico (o autodiegetico), quello esterno è un narratore eterodiegetico, dunque sta al di fuori della storia narrata.
Un narratore esterno può sapere tutto della storia e dei personaggi, e dunque essere onnisciente – e tra poco faremo degli esempi per capirci meglio – oppure può essere un semplice spettatore, che ci racconta gli eventi così come li vede.
Ora, che sia interno o esterno, il narratore dovrà sempre e comunque adottare un certo punto di vista.
Il punto di vista: focalizzazione zero, esterna e interna
Un punto di vista bisogna sempre che ci sia.
Non si può raccontare una storia in maniera totalmente oggettiva, e dunque ogni storia sarà sempre la restituzione di un particolare punto di vista.
Immagina di essere un regista, ma la tua camera sta nel tuo cervello.
Hai a disposizione diverse angolature e diversi piani, e, a seconda di cosa sceglierai, mettere in risalto certe cose e ne ignorerai altre.
Le scelte che prenderai possono produrre tre tipi di focalizzazione:
- focalizzazione zero
- focalizzazione interna
- focalizzazione esterna
Vediamo ora quali sono le differenze tra questi diverse tipologie di focalizzazione e cose le caratterizza.
Focalizzazione zero
È il classico caso di narratore onnisciente, che, cioè, guarda tutto e tutti dall’alto, ne sa più di personaggi, e conosce la loro psicologia, i loro pensieri più intimi.
Il narratore dei Promessi sposi è il classico esempio di narratore onnisciente, e già dalla prima scena, il celeberrimo incipit del romanzo, è chiaro:
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
È un punto di vista dall’alto, è come se fosse un dio che getta uno sguardo verso il basso, e niente gli è precluso e niente gli è sconosciuto. Nemmeno ciò che più inaccessibile dall’esterno, ovvero l’animo umano.
Leggi, per esempio, queste poche righe che fanno comprendere bene quando si ha la focalizzazione zero:
Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull’animo del poveretto, quello che s’è raccontato. Lo spavento di que’ visacci e di quelle parolacce, la minaccia d’un signore noto per non minacciare invano… tutti questi pensieri ronzavano tumultuariamente nel capo basso di don Abbondio.
È come se fossimo intorno a un fuoco, il narratore si rivolge direttamente a noi, si esplicita, e sbroglia i fili dello stato emotivo di don Abbondio. Ci dice ciò che non si vede.
Focalizzazione esterna
Se la focalizzazione zero è un punto di vista dall’alto, la focalizzazione esterna è uno sguardo da fuori, e il narratore è uno spettatore dei fatti che racconta.
Nell’Ottocento la focalizzazione esterna era parte integrante della poetica del naturalismo francese e del verismo italiano.
Tanto autori francesi come Émile Zola che italiani come Giovanni Verga adottarono un punto di vista simile nei loro romanzi, anche e soprattutto per raggiungere una pretesa oggettività.
Questo è un tipo di focalizzazione che potremmo definire cinematografica. Quando inizi a scrivere una sceneggiatura devi tenere a mente che sullo schermo puoi mostrare solo ciò che si vede.
L’introspezione, cioè l’analisi dei sentimenti e dei pensieri interni a una persona, è una caratteristica propria del romanzo, e non è restituibile al cinema o in tv, se non attraverso espedienti come una voce fuori campo.
Anche in narrativa, tuttavia, una focalizzazione esterna può generare dei risultati molto interessanti. Il narratore:
- può raccontare solo ciò che vede, e dunque solo i gesti, le azioni, le espressioni dei personaggi, le caratteristiche del luogo in cui si trovano
- può riferire solo ciò che sente, che siano dialoghi oppure suoni.
Non sa del passato dei personaggi, tantomeno delle loro relazioni con gli altri personaggi della storia. Questa è una grossa differenza e un limite – e, come tutti i limiti creativi, può portarci a trovare soluzioni narrative innovative.
Focalizzazione interna
Anche quando la focalizzazione è interna il punto di vista del narratore è limitato, ovvero guardiamo i fatti dalla prospettiva di un solo personaggio.
Il narratore può essere interno, e in questo caso è il protagonista che ci racconta la vicenda. Un buon esempio è La coscienza di Zeno, il romanzo di Italo Svevo, in cui è proprio Zeno Cosini a riferirci i fatti.
Tuttavia, e questo è un altro caso, il narratore può essere esterno e adottare comunque il punto di vista privilegiato. E qui un esempio può essere Madame Bovary di Gustave Flaubert, in cui spesso osserviamo la realtà dal punto di vista proprio della signora Bovary.
Ora, che il narratore sia interno o esterno, noi conosciamo i pensieri e i sentimenti del personaggio-filtro, dunque tecniche narrative come il monologo interiore e il flusso di coscienza ritornano spesso in narrazioni simili.
Tutto passa per il filtro degli occhi e della mente di chi parla, e questo, per esempio nella Coscienza, ci mette di fronte a un narratore inaffidabile.
Non è detto però che la prospettiva da cui guardiamo sia sempre la stessa, perché la focalizzazione interna può essere:
- fissa
- variabile
- multipla.
Quando è fissa, com’è facile intuire, il filtro è sempre uno, sempre lo stesso personaggio. Quando è variabile, invece, cambia di continuo – leggi Mentre morivo di Faulkner per avere un esempio.
Una focalizzazione interna multipla, invece, dà invece vita a un racconto molto particolare, poiché lo stesso evento viene raccontato da multipli punti di vista, un po’ come nell’esempio della Trilogia dei colori da cui siamo partiti.
Come riconoscere la focalizzazione?
Abbiamo visto che chi racconta la storia, e cioè non l’autore bensì il narratore, può essere tanto interno – un personaggio della storia o, per esempio, un testimone – quanto esterno – uno spettatore che guarda le cose da fuori.
E abbiamo anche detto che, in ogni caso, c’è sempre bisogno e c’è sempre un punto di vista particolare attraverso cui vengono filtrati i fatti. Questi punti di vista si riassumono nelle tre tipologie di focalizzazione:
- focalizzazione zero, cioè quando il narratore è onnisciente, può tutto e sa tutto della storia e dei personaggi, fino ad arrivare ai loro pensieri
- focalizzazione interna, quando è un personaggio-filtro a raccontare, dal suo unico e soggettivo punto di vista
- focalizzazione esterna, e in questo caso il narratore invece è un registratore, che si limita a ciò che vede o sente
Saper riconoscere il punto di vista è importante sia che tu voglia analizzare un romanzo o un racconto altrui sia che tu stia rivedendo qualcosa che hai scritto tu.
Se è vero che la focalizzazione può anche non essere fissa e variare – non esistono regole sempre vere in letteratura – è anche vero che bisogna agire sapendo cosa si fa.
Dunque, prima di salutarci, ecco qualche domanda da farti per capire quale sia la focalizzazione di un testo narrativo:
- I verbi sono in prima o in terza persona?
- Qual è il tempo verbale? Presente o passato?
- Il narratore compare sulla scena oppure è estraneo alla vicenda?
- Vengono descritti pensieri, sentimenti ed emozioni dei personaggi?
- Il narratore racconta fatti del passato dei personaggi? Anticipa eventi che succederanno in futuro?
- C’è un solo punto di vista per tutta la narrazione oppure questo punto di vista cambia?
Prova a farti queste domande e, in base a quello che hai imparato fin qui, appuntati delle risposte.
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Ci leggiamo presto,
Felice